Google
in tutto il Web in questo blog e nei suoi archivi
Da oggi siamo anche su Twitter e su Facebook! Seguiteci!

venerdì 4 novembre 2011

Manuale alla fotografia digitale: 6.4: La profondità di campo


Attraverso la formula che verrà riportata in fondo a questo capitolo si può calcolare il più vicino punto nitido ed il più distante, che potrà spesso arrivare all’infinito; sempre in fondo al capitolo si farà un breve approfondimento per chi è già pratico nell’uso dei diaframmi, per il momento vi basti sapere che piccoli valori f si traducono in una ridotta profondità di campo, mentre grandi valori f aumentano la profondità di campo. Gli obiettivi a focale fissa riportano incisa sul barilotto una scala graduata calibrata su 30 lp/mm che permette di valutare i metri di profondità di campo ad una data apertura. Gli obiettivi zoom, proprio a causa della variabile data dalla focale mobile non riportano questa scala, starà quindi al fotografo fare i dovuti conti.
Una credenza comune è che obiettivi grandangolari abbiano una maggiore profondità di campo dei teleobiettivi, in realtà, a patto di inquadrare il soggetto in modo che occupi la stessa superficie di inquadratura la profondità di campo non varia; la variabile che permette questa compensazione è la distanza dal soggetto, passando da un grandangolo ad un tele, per poter inquadrare nella stessa maniera bisogna infatti allontanarsi dal soggetto.

Utilizzando un diaframma aperto si ottiene un foro del diametro equivalente pari alla lunghezza focale/valore f, maggiore è il diametro del foro equivalente, maggiore sarà la luce che potrà passare e di conseguenza, per esporre correttamente si userà un tempo breve; questo fa si che solo il piano di messa a fuoco sarà impressionato in modo nitido mentre gli altri piani non avranno il tempo di fissarsi sul sensore e definire tutti i propri dettagli, il che si traduce nella sfocatura.

Utilizzando un diaframma chiuso, il foro equivalente diminuisce il proprio diametro e fa passare meno luce, per esporre correttamente bisognerà usare tempi più lunghi; a questo punto sia il piano di messa a fuoco che i piani limitrofi avranno il tempo di impressionare il sensore arricchendolo dei dettagli che li caratterizzano, il campo di nitidezza aumenta, si dice che diventa più profondo.

L'uso consapevole della profondità di campo permette di includere od escludere uno o più elementi dall'inquadratura, pilotando l'attenzione dell'osservatore:


Le finestre di una casa riflesse nel vetro ricurvo di un’automobile parcheggiata davanti all’edificio, appaiono distorte all’interno del triangolo formato dal parabrezza stesso. La forma triangolare non si percepisce immediatamente, ma è la struttura in cui sono organizzati tutti gli elementi, come la ripetizione di linee e rettangoli e le bande di luce e ombra. Lo schema triangolare compare spesso in scene con linee parallele che sembrano incontrarsi, come nei margini di una strada o le rotaie di una linea ferroviaria che con ‘allontanarsi dell’orizzonte sembrano stringersi. Questo è un modo per comunicare efficacemente il senso di profondità e distanza in un’immagine.

Nelle due riprese dell'etna viene esemplificato come la stessa coppia tempo-diaframma possa concentrare l'attenzione dell'osservatore sulla texture del primo piano oppure renderla la cornice del secondo piano; questo si ottiene con una bassa profondità di campo ed attraverso la scelta dell'opportuno punto di messa a fuoco.Una buona linea guida è quella di utilizzare diaframmi aperti nella fotografia di ritratto e diaframmi chiusi in quella paesaggistica: la scelta è dettata dal fatto che nel ritratto si vuole concentrare l'attenzione sulla persona escludendo il contorno, lo sfondo.







Nella fotografia di paesaggio al contrario si vuole la massima nitidezza, più dettagli possibili, la maggiore profondità di campo che si ha a disposizione. Altri campi in cui è necessario valutare bene la profondità di campo sono sicuramente la macrofotografia e la fotografia naturalistica: nel primo caso le piccole distanze di messa a fuoco obbligano al corretto posizionamento della fotocamera rispetto al soggetto ed il rischio di ottenerne delle parti fuori fuoco deve far riflettere sull'utilizzo della massima apertura come una situazione critica da gestire con molta attenzione; nel secondo caso l'uso di teleobbiettivi molto spinti aumenta la percezione dello sfuocato e di conseguenza bisognerà cercare di diaframmare almeno da f-8 in su in maniera da ottenere tutte le parti del soggetto correttamente a fuoco.



Nessun commento:

Posta un commento

I commenti non appaiono subito, devono essere tutti approvati da un moderatore. Lo so, è scomodo, ma è necessario per tenere lontani scocciatori, spammer, troll e stupidi.
Se rispettate qualche regola di civiltà, sarete pubblicati, qualunque sia la vostra opinione.
Inviando un commento date il vostro consenso alla sua pubblicazione, qui o altrove.